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Autore: Customer Service Italiaonline 29 luglio 2025
Cassazione Civile, Sez. I, Ord. 9 giugno 2025, n. 15356 La separazione personale e il mantenimento del coniuge La separazione personale dei coniugi , disciplinata dall’art. 150 del codice civile, rappresenta una fase transitoria che, a differenza del divorzio, non scioglie il vincolo matrimoniale . Di conseguenza, alcuni doveri coniugali rimangono ancora attuali, tra cui l’obbligo di assistenza materiale. Su questo punto è intervenuta nuovamente la Corte di Cassazione, Sezione I Civile , con l’ ordinanza n. 15356 del 9 giugno 2025 , chiarendo che in sede di separazione l’ assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole deve essere determinato in funzione del tenore di vita goduto durante il matrimonio , salvo il caso in cui non vi sia stata addebito della separazione. L’assegno nella separazione: differenze rispetto al divorzio La pronuncia ribadisce una distinzione fondamentale tra assegno di mantenimento in separazione e assegno divorzile . Nel primo caso, trovandosi ancora in presenza di un vincolo coniugale attivo (seppur sospeso nei suoi aspetti personali), il coniuge ha diritto a redditi adeguati a garantire lo stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio . Questo perché il dovere di assistenza materiale resta in vigore durante la separazione, e non vi è alcuna incompatibilità con la sospensione temporanea dei doveri di convivenza, fedeltà e collaborazione. Di contro, nel divorzio l’assegno ha natura diversa , legata alla solidarietà post-coniugale, e mira a garantire l’autosufficienza economica del coniuge più debole, non più il mantenimento dello stile di vita precedente. L’orientamento della giurisprudenza confermato La Corte ha dunque confermato un orientamento già consolidato: l’assegno di mantenimento in fase di separazione non può prescindere dal parametro del tenore di vita matrimoniale , a meno che non vi siano condizioni ostative come l’addebito della separazione. Questo principio risulta particolarmente rilevante nei casi in cui uno dei due coniugi non disponga di redditi propri o abbia svolto attività di cura familiare , rinunciando al lavoro o ad opportunità professionali in costanza di matrimonio. Implicazioni pratiche per le coppie in fase di separazione Per i coniugi che affrontano una separazione, questa ordinanza rappresenta un punto fermo: Il coniuge economicamente più debole ha diritto a un assegno che garantisca la prosecuzione del tenore di vita precedente. Il giudice valuterà la situazione patrimoniale e reddituale di entrambi i coniugi, in relazione allo stile di vita tenuto durante il matrimonio. Solo in caso di addebito della separazione (ad esempio per gravi violazioni dei doveri coniugali) il diritto al mantenimento può venir meno. Conclusioni La sentenza della Corte di Cassazione del 9 giugno 2025 rafforza la tutela del coniuge economicamente più debole nella fase di separazione, riconoscendo l’importanza di garantire continuità nel livello di vita fino a un eventuale divorzio. Per chi si trova ad affrontare una separazione, è fondamentale comprendere i propri diritti e le tutele previste dalla legge. In questi casi, il supporto di un professionista legale resta essenziale per valutare correttamente la posizione patrimoniale e tutelare i propri interessi nel rispetto della normativa vigente. 
Autore: Avv. Settesoldi 19 maggio 2025
Negli ultimi anni, la questione della compatibilità tra il trattamento pensionistico “Quota 100” e l’attività lavorativa ha acceso il dibattito giuridico e ha dato luogo a numerose pronunce da parte dei tribunali. Il nodo centrale riguarda le conseguenze previste per il pensionato che, pur avendo usufruito dell’anticipo pensionistico, svolga un'attività lavorativa non consentita dalla normativa. Cosa prevede la norma L’articolo 14, comma 3 del Decreto Legge n. 4/2019 stabilisce che la pensione anticipata con “Quota 100” non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo , dalla decorrenza della pensione e fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia. L’unica eccezione ammessa riguarda i redditi da lavoro autonomo occasionale , purché non superino i 5.000 euro lordi annui . Tale disposizione ha una chiara finalità: impedire che chi accede al pensionamento anticipato continui a partecipare attivamente al mercato del lavoro, garantendo così la sostenibilità del sistema previdenziale e favorendo il ricambio generazionale. L’interpretazione della giurisprudenza Secondo diversi tribunali, tra cui la Corte d’Appello di Milano (sentenza n. 933/2023), il divieto di cumulo deve essere interpretato nel suo significato letterale: la pensione anticipata non può sommarsi a redditi da lavoro non ammessi . Tuttavia, la norma non specifica quali siano le sanzioni previste in caso di violazione del divieto . Questo ha aperto la strada a un confronto tra le interpretazioni della legge primaria e le istruzioni operative fornite dall’INPS, in particolare con la circolare n. 117/2019 , la quale prevede la restituzione delle somme erogate in caso di violazione. Ma, secondo la giurisprudenza, tale previsione va oltre quanto stabilito dalla legge (“ultra legem”), configurando un regime sanzionatorio non previsto dal legislatore . Il parere della Corte Costituzionale Con la sentenza n. 234/2022 , la Corte Costituzionale ha affrontato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 3, rigettando l’ipotesi di contrasto con l’articolo 3 della Costituzione. Secondo la Corte, non è irragionevole trattare in modo diverso i redditi da lavoro autonomo occasionale e quelli da lavoro intermittente, poiché si tratta di situazioni non omogenee. Tuttavia, la Corte non si è espressa in merito alla possibilità di perdere l’intero trattamento pensionistico per un singolo anno di violazione . Nessuna sanzione automatica: la pensione non si perde Proprio in assenza di una sanzione esplicita nella norma, numerose sentenze di merito convergono su un punto: la violazione del divieto di cumulo non può comportare automaticamente la perdita della pensione per l’intero anno in cui il pensionato ha percepito redditi da lavoro non ammessi. Il diritto alla pensione, dunque, non viene meno , né è legittima la pretesa dell’INPS di richiedere la restituzione totale delle somme erogate nel periodo di sovrapposizione tra reddito e pensione. Eventuali sanzioni o sospensioni dovrebbero essere previste espressamente dal legislatore , non introdotte per via amministrativa.  Conclusioni Alla luce dell’orientamento prevalente in giurisprudenza, emerge con chiarezza che: Il divieto di cumulo previsto dalla normativa su Quota 100 va rispettato. Tuttavia, in caso di violazione, la normativa non prevede la perdita automatica della pensione né la restituzione integrale delle somme . Le circolari INPS non possono colmare lacune della legge imponendo sanzioni non previste da una norma primaria. In sintesi, chi ha percepito la pensione Quota 100 svolgendo attività lavorativa non consentita non rischia automaticamente la perdita dell’intera indennità , purché si consideri la mancanza di una sanzione espressamente prevista dalla legge.
Autore: Stefano Di Pietro 23 settembre 2024
L'arrivo della nuova stagione è un ottimo pretesto per mantenere i buoni propositi e fissarne di nuovi. Che sia mangiare più sano o ripulire il garage, ecco alcuni suggerimenti per mantenere i buoni propositi.
Assistenza sanitaria Gratuita nelle R.S.A. per i malati di Alzimer
Autore: AVV. CHIARA SETTESOLDI 23 settembre 2024
Non è dovuto il contributo alla retta per i malati affetti da Alzheimer