Autore: Avv. Settesoldi
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19 maggio 2025
Negli ultimi anni, la questione della compatibilità tra il trattamento pensionistico “Quota 100” e l’attività lavorativa ha acceso il dibattito giuridico e ha dato luogo a numerose pronunce da parte dei tribunali. Il nodo centrale riguarda le conseguenze previste per il pensionato che, pur avendo usufruito dell’anticipo pensionistico, svolga un'attività lavorativa non consentita dalla normativa. Cosa prevede la norma L’articolo 14, comma 3 del Decreto Legge n. 4/2019 stabilisce che la pensione anticipata con “Quota 100” non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo , dalla decorrenza della pensione e fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia. L’unica eccezione ammessa riguarda i redditi da lavoro autonomo occasionale , purché non superino i 5.000 euro lordi annui . Tale disposizione ha una chiara finalità: impedire che chi accede al pensionamento anticipato continui a partecipare attivamente al mercato del lavoro, garantendo così la sostenibilità del sistema previdenziale e favorendo il ricambio generazionale. L’interpretazione della giurisprudenza Secondo diversi tribunali, tra cui la Corte d’Appello di Milano (sentenza n. 933/2023), il divieto di cumulo deve essere interpretato nel suo significato letterale: la pensione anticipata non può sommarsi a redditi da lavoro non ammessi . Tuttavia, la norma non specifica quali siano le sanzioni previste in caso di violazione del divieto . Questo ha aperto la strada a un confronto tra le interpretazioni della legge primaria e le istruzioni operative fornite dall’INPS, in particolare con la circolare n. 117/2019 , la quale prevede la restituzione delle somme erogate in caso di violazione. Ma, secondo la giurisprudenza, tale previsione va oltre quanto stabilito dalla legge (“ultra legem”), configurando un regime sanzionatorio non previsto dal legislatore . Il parere della Corte Costituzionale Con la sentenza n. 234/2022 , la Corte Costituzionale ha affrontato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 3, rigettando l’ipotesi di contrasto con l’articolo 3 della Costituzione. Secondo la Corte, non è irragionevole trattare in modo diverso i redditi da lavoro autonomo occasionale e quelli da lavoro intermittente, poiché si tratta di situazioni non omogenee. Tuttavia, la Corte non si è espressa in merito alla possibilità di perdere l’intero trattamento pensionistico per un singolo anno di violazione . Nessuna sanzione automatica: la pensione non si perde Proprio in assenza di una sanzione esplicita nella norma, numerose sentenze di merito convergono su un punto: la violazione del divieto di cumulo non può comportare automaticamente la perdita della pensione per l’intero anno in cui il pensionato ha percepito redditi da lavoro non ammessi. Il diritto alla pensione, dunque, non viene meno , né è legittima la pretesa dell’INPS di richiedere la restituzione totale delle somme erogate nel periodo di sovrapposizione tra reddito e pensione. Eventuali sanzioni o sospensioni dovrebbero essere previste espressamente dal legislatore , non introdotte per via amministrativa. Conclusioni Alla luce dell’orientamento prevalente in giurisprudenza, emerge con chiarezza che: Il divieto di cumulo previsto dalla normativa su Quota 100 va rispettato. Tuttavia, in caso di violazione, la normativa non prevede la perdita automatica della pensione né la restituzione integrale delle somme . Le circolari INPS non possono colmare lacune della legge imponendo sanzioni non previste da una norma primaria. In sintesi, chi ha percepito la pensione Quota 100 svolgendo attività lavorativa non consentita non rischia automaticamente la perdita dell’intera indennità , purché si consideri la mancanza di una sanzione espressamente prevista dalla legge.